Basilica Cattedrale di San Panfilo Sulmona

Presentazione storico – artistica

La Basilica Cattedrale di San Panfilo Vescovo è il più importante e antico tempio della città di Sulmona ed è la Chiesa madre della Diocesi di Sulmona – Valva.

San Panfilo, titolare della Basilica e Patrono della città e della Diocesi, per antica, costante e ininterrotta tradizione è ritenuto non solo cittadino di Sulmona, dove sarebbe nato intorno all’anno 622, ma anche uno dei primi vescovi di Valva e di Sulmona, due antichissime diocesi, prima distinte, autonome e ognuna col proprio vescovo, e poi, probabilmente nel sec VI, sotto il pontificato di San Gregorio Magno (590-604) e fino ai nostri giorni, unite nella persona di un solo vescovo, con sede in Sulmona. Dal 1986 le due diocesi sono state unificate sotto la denominazione Sulmona-Valva.

Il corpo di San Panfilo, trafugato dai sulmonesi alla vicina Basilica Concattedrale Valvense di Corfinio, dove era stato sepolto dopo la morte ivi avvenuta, è ora custodito e venerato in un’urna collocata sotto l’altare della cappella a Lui dedicata nella Cripta.

La cappella di San Panfilo, in marmi policromi è stata costruita intorno al 1662 in seguito a un voto fatto dai sulmonesi grati a San Panfilo per essere scampati alla peste che aveva colpito il Regno di Napoli nel 1656.

A sinistra di chi guarda la facciata della chiesa, nello spazio adiacente vi era in passato la residenza del vescovo, andata distrutta per il funesto terremoto del 03 novembre 1706 e risulta irrecuperabile.

Le origini della Cattedrale    

Secondo una tradizione leggendaria, la prima chiesa sarebbe stata edificata sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Apollo e Vesta o, secondo altri, a Giove e Cerere.

Un’altra leggenda riportata in documenti del Sec. XVI afferma inoltre che questa chiesa, originariamente dedicata alla Madonna, venne ricostruita ex novo nel sec. VII e dedicata a San Panfilo dopo la traslazione furtiva del corpo del Santo da Corfinio a Sulmona.

Della chiesa primitiva sappiamo poco o nulla; ma, dall’ultimo quarto del sec. XI, lo storico può parlare di questo tempio sotto la scorta di sicuri documenti. È un dato preciso e accertato, infatti l’esistenza già nel 1042, di una chiesa dedicata a San Panfilo. Se ne ha la conferma nel codice pergamenaceo «Chronicon Casauriense», una raccolta di fatti di cronaca e di documenti relativi al monastero di San Clemente a Casauria, da noi non distante, redatta nel sec. XII ed ora conservata nella Biblioteca Nazionale di Parigi.

Questo documento storico annota che Trasmondo, personaggio di grande rilievo e cultura, della famiglia dei conti dei Marsi, abate di San Clemente a Casauria e Vescovo di Valva e Sulmona, nel 1075 iniziò la ricostruzione di questa chiesa. Si tratta ovviamente della parte più antica dell’attuale edificio, quella che ha subito meno manomissioni, cioè della cripta e di parte del rivestimento in pietra all’esterno delle absidi.

Altrettanto non può dirsi delle restanti strutture della basilica, come le mura perimetrali e l’interno, che furono soggette a vari rifacimenti.

Resta però un prezioso residue della più antica costruzione: è il piccolo portale cinquecentesco, molto deteriorato dal tempo, situato nella parete sinistra della parte dei giardini pubblici; una volta metteva in comunicazione la residenza del vescovo con la chiesa. Nella sua lunetta si scorgono tuttora lievi tracce di un affresco che, a giudicare da quel poco che ne rimane, doveva essere molto pregevole.

Sull’architrave della porta è scritto in caratteri longobardi: “Panfilo è la gloria della chiesa, sul corpo del quale è consacrata degnamente l’altare di questo luogo, la folla dei fedeli sia ad onore di lui, santo confessore e gli renda lode mentre accede alla soglia della chiesa.

I lavori iniziati nel 1075 dal vescovo Trasmondo per una radicale ricostruzione e nuova struttura della chiesa primitiva furono condotti a termine sotto il vescovo Gualtiero nel 1119 con la consacrazione del tempio, seguita nel 1196, a meno di ottant’anni prima, da una seconda inspiegabile consacrazione e dalla ricognizione del corpo di San Panfilo.

Successivamente al sec. XII la storia di questo tempio della città di Sulmona è intessuta di occupazioni, incendi e devastazioni che, unitamente al flagello dei terremoti, determineranno, tra l’altro. Anche il depauperamento del prezioso archivio.

Basti ricordare che la Cattedrale subì un disastroso incendio durante le lotte tra Federico II e Gregorio IX, quando nel 1224 le forze pontificie comandate da Giovanni di Brienne cinsero di assedio Sulmona, dove si era rifugiato Rinaldo, duca di Spoleto, di parte inperiale.

Appiccò nuovamente fuoco al sacro edificio, intorno al 1245 il capitano generale d’Abruzzo Gualtiero de Banza, per stanare i fautori di parte guelfa che vi si erano asserragliati.

I danni più gravi però la Cattedrale e l’adiacente episcopio li subirono più tardi, al tempo in cui la Città fu agitata da discordie civili e da contese sanguinose.

Agli inizi del sec. XV, il vescovo del tempo, Bartolomeo De Petrinis, affidò al maestro Nicola Salvitti di Sulmona il rifacimento della facciata, del rosone che allora lo adornava e del portale. Di questo intervento del Salvitti quel che rimane oggi è compreso entro la parte inferiore della facciata, cioè il solo portale. La parte superiore, comprese le due finestre laterali e la muratura che incorpora l’attuale campanile a vela costruito in sostituzione di quello primitivo andato completamente distrutto, fa parte dei rifacimenti successivi al terremoto del 1706.

Tra i primi sec. XVI e il disastroso terremoto del 1706, cioè per due secoli di storia, la Cattedrale non registra che un paio di avvenimenti degni di rilevo: l’erezione nel 1662 dell’edicola con annesso altare dedicato a San Panfilo, che ne custodisce il corpo. Furono sacrificate alcune colonne della Cripta e durante tali lavori furono costruite le nuove gradinate dall’andamento sinuoso e fu aperto il grande vano centrale che permettesse la completa visione della nuova opera. Nel 1678, inoltre, Giuseppe Di Francesco di Pescocostanzo eseguì la balaustra intorno alla Cappella di San Panfilo.

L’altro intervento che merita di essere ricordato è la copertura a volte, in sostanza le capriate allora visibili vennero coperte con le volte e gli stucchi, (questo lo si evince da un documento ricordato nel libro del Capitolo dell’anno 1704) quando dunque sopravvenne il terremoto del 1706 la Cattedrale aveva già avuto i segni di una trasformazione in stile barocco.

Il terremoto del 1706 si abbattè sulla città e duro, a detta dei documenti, lo “spatio di un paternoster”. I danni alle persone e alle cose furono incalcolabili, le chiese medievali della città furono irrimediabilmente danneggiate e, per i danni subiti, si pensò all’inizio di non ricostruire la Cattedrale. Il palazzo vescovile adiacente fu raso al suolo e relativamente presto iniziò l’opera di ricostruzione (1710). Le strutture rimaste in piedi si riducevano alle absidi, alla cripta e ai pilastri. Le volte delle navate ricostruite solo qualche anno prima furono abbattute, cadde la facciata costruita dal Salvitti. La ricostruzione vide alterato l’impianto originario della Chiesa seppur conservato in parte nel perimetro di costruzione. Durante i lavori di ricostruzione vennero costruite le sacrestie e le aule capitolari. Vennero aggiunte nel 1726 la cappella del Battistero e sotto il vescovo Mario Mirone (1840-1853) la Cappella del Santissimo Sacramento. Durante i lavori di ricostruzione, la Cattedrale si arricchì di notevoli opere lignee come il coro, due confessionali, la cattedra episcopale e il pulpito.

Nel 1807 la Cripta venne decorata con stucchi barocchi, le colonne in pietra furono ricoperte di marmo e i capitelli con gesso. Il tutto fu successivamente rimosso nei primi anni del novecento.

Durante l’Episcopato di Felice Tiberi (1818-1829), la Cattedrale di San Panfilo venne insignita del titolo di “Basilica”.

Tra il 1905 e il 1906 vennero realizzate opere pittoriche nella navata centrale, nella cupola, nelle volte della parte terminale delle navate laterali dall’artista Amedeo Tedeschi di Pratola Peligna (1874-1924), allievo di Teofilo Patini.

Negli anni cinquanta, durante l’episcopato di Mons. Luciano Marcante (1937-1972), venne rimosso il pavimento di pietre poligonali (di cui una parte è stato utilizzato per il marciapiede esterno alla chiesa) e realizzato il nuovo pavimento in lastre di marmo al cui centro vi è lo stemma a intarsio del vescovo. Tale pavimento, seppur di pregio, si armonizza poco con il resto della chiesa.

Agli inizi del 200, ad opera di mons. Giuseppe Di Falco, vescovo di Sulmona (1985-2007), venne completamente restaurato il presbiterio. La sede in legno venne sostituita da una in marmo pregiato, venne sopraelevato l’altare e realizzato l’ambone.

Nel 2008-2009, ad opera di Angelo Spina, Vescovo di Sulmona (2007-2017) si è proceduto al restauro dell’interno della chiesa con il descialbo di tutti gli stucchi, la tinteggiatura generale, la pulizia delle colonne in pietra e di altri elementi lapidei. Al lato della Cripta di San Panfilo, in un’aula comunicante, è stata realizzata la Cappella dedicata a San Pietro Celestino nell’ottavo centenario della sua nascita dove sono conservate alcune reliquie del Santo.